sabato 6 ottobre 2012

Tvd 3x18 The Murder of One (L'uccisione di uno) About Salvation

Ecco IL PRIMO dei miei commenti alla 3x18, gente! Esatto il primo, perché all'epoca su The Vampire Diaries Italia ne "sbocciarono" addirittura due! No, ma capite la presa che questo show ha su di me?? :) Il secondo SEGUE

"Soltanto un idiota e un genio infrangono le leggi fatte dagli uomini; e sono i più vicini al cuore di Dio". Kahlil Gibran
Viva la bromance. Tre Psico-killer affilano paletti. Quale barzelletta comincia così? I nostri improbabili amici - due fratelli ex-divisi dall'odio e un ex-cacciatore di vampiri – si danno al bricolage a scopo vendetta. Alaric vuole andare a costituirsi “Io ho un alter ego omicida. A differenza di qualcuno in questa stanza, vorrei prendermi la responsabilità per le persone che ho ucciso”.

Stefan dice però che le erbe stanno funzionando e che hanno qualcuno da uccidere, non hanno tempo e risorse da sprecare. E Damon - fantastico Damon! - accennando al fratello “La sua morale diventa molto discutibile quando ha in mente la vendetta”. Damon gli restituisce l’anello della non morte e qui Alaric dice: “Quest’anello è il motivo per cui ho ucciso”, ma il suo amico gli risponde “È anche il motivo per cui sei vivo”. Qui forse non pare, ma c’è tutta una filosofia: oltre al famoso fine che giustifica i mezzi, c’è anche l’affermazione che qualcosa fuori della persona causa il male. Voglio dire che quello che si può dire per l’anello, che spinge qualcosa in Alaric a uccidere, si può dire anche dell’essere vampiri: Damon e Stefan uccidono perché sono vampiri, ma l’essere vampiri li ha salvati dall’essere morti.

Nelle tragedie greche si parlava di ybris, quella tracotanza, quell’oltrepassare il limite imposto da Dio/Natura/regole/leggi che è punito dal destino. Indossare un anello che ti ripara dalla morte non è senza conseguenze, a rompere il normale corso delle cose si paga un prezzo, quante volte l’abbiamo visto? Jeremy che vede i fantasmi è un esempio. Katherine ha reso vampiri i fratelli Salvatore, come l’anello ha reso Alaric un assassino. Eppure c’è un assenso del soggetto, il male, la colpa non è solo qualcosa che viene da fuori: Damon ha voluto seguire Katherine, lo ammette con Elena quando stava per morire per il morso del licantropo, lui ha detto sì a qualcosa che pure aveva percepito come male. Stefan… Stefan è un esempio ancora migliore, perché l’uccisione del padre e le tendenze omicide da drogato di sangue non sono separate dal suo essere, se è vero che Damon è sempre riuscito a controllarsi per il sangue in sé. Di Alaric eravamo venuti a sapere che c’erano dei pregressi violenti nella sua vita: è come se l'anello catalizzasse il male (dove l'ho già letto? Anelli ... anelli ... "Un anello per ghermirli e nel buio incatenarli...").

Insomma, nel sistema valoriale di The Vampire Diaries abbiamo un “Male” che viene da fuori dell’uomo a cui però l’uomo stesso collabora con le sue propensioni e scelte intime. Cosa dunque viene rifiutato qui? La Legge. Quel voler andare a costituirsi da parte di Alaric risulta stranamente fuori luogo. Qui la legge fa figuracce, è irrilevante, va a tentoni, sembra non poter assolutamente comprendere e tenere conto di tutti i fattori in gioco; è uno strumento inutile e superfluo. Per cui il desiderio di Alaric è accantonato: ci sono cose più importanti da fare, cioè uccidere gli Originari; il processo è già fatto. Qui ci sono i cattivi che decidono che quelli più cattivi di loro meritano di morire; perché hanno fatto già abbastanza male in genere e perché, ovviamente, Klaus minaccia Elena, l’oggetto dell’amore dei tre psico-killer in questione. Se hai uno scopo più alto e importante del male che hai già commesso, sei autorizzato ad andare avanti. Uhm, è l'idea che fare qualcosa di buono possa riparare al male compiuto. Angel docet. Però il vampiro con l'anima non ci riusciva mai a espiare del tutto: le efferatezze commesse come Angelus non cessavano mai di pesare sul piatto della bilancia.

Una nota in margine è doverosa: questa irrilevanza della Legge, la verifichiamo in tutti gli show sul fantastico: Buffy the Vampire Slayer per primo, ma anche Angel ovviamente, Supernatural o Ghost Whisperers. A meno che i protagonisti non siano sia esseri con un quid fantastico in più, sia anche tutori della legge, come in Medium, Once Upon a Time e Grimm. Se mi sbaglio, ditemelo. In quest’ultimo caso si tenta una mediazione, ma nel senso che il tutore della legge in questione usa le norme come copertura per applicare un senso della giustizia più elastico, che comprenda ciò che davvero lui “sa” in più su quel che di misterioso nasconde la realtà, uno schema che tenga conto di più fattori della freddezza asettica, della minuziosa casistica e degli infiniti cavilli della legge anglosassone. Quello che voglio dire è che i criteri morali che si adottano e si seguono sembrano avere bisogno di una ridefinizione che non può ridursi alla Legge, che è sentita come insufficiente a giudicare quando si tratta di ciò che dell'uomo non può essere racchiuso in schemi, qualcosa di misterioso, ma qui non necessariamente nel senso del mistery, quanto in quello di una morale di base.

Stefan, ad esempio, sarebbe completamente colpevole di tutti i morti smembrati che ha disseminato in giro, se aveva per anni cercato di arginare la dipendenza dal sangue non assaggiandolo nemmeno? , perché quelle uccisioni esigono giustizia. È giustizia o vendetta quella di Esther o quella del Consiglio dei Fondatori (prima che stipulassero patti coi vampiri stessi)? No, perché il senso di colpa e il dolore per quello che ha fatto lo macerano? In questo episodio si parla anche di questa concezione di giusto e ingiusto. La giustizia non si coniuga bene con il Perdono e qui di perdono ce n'è bisogno assai.

L'argomento è infatti ripreso nella scena successiva, in cui Elena e Caroline parlano e quest'ultima viene a sapere che è stato Alaric a uccidere suo padre. Elena la rassicura che il prof di storia è tenuto buono dalle erbe di Bonnie (lasciamo perdere il ricorso narrativamente debole alla magia che risolve tutto: le erbe poi....) e quando giustamente Caroline chiede se questo dovrebbe mettere a posto tutto, Elena risponde che “No Caroline, niente è a posto” che Alaric non ha voluto tutto questo, è vittima di qualcosa di soprannaturale, non l'ha mica chiesto lui. E qui si fa tutta la catena del ragionamento, perché nessuno l'ha chiesto, né Caroline, che infatti ha ucciso anche lei appena divenuta vampiro, né Damon, che comunque non voleva completare la trasformazione, né Stefan. Non è che qui Elena voglia dire che nessuno ha responsabilità, perché ce le ha presenti tutte le responsabilità, ma che il destino ci ha messo la sua. Come dire che il peccato ce lo siamo trovato nel pacchetto completo e che l'unica scelta che tiene conto di tutto è il perdono. L'unica scelta che tiene conto dell'amore è il perdono. Potete leggerci le lettere maiuscole, se volete, io ce le vedo. “Nessuno di voi ha desiderato questo”. È il padre di Caroline che è morto, ma lei può capire quello che Elena dice. Perché lo vedremo nella scena del colloquio fra Alaric e Caroline, nella quale lei ammette anche che aver ucciso il malcapitato sconosciuto le è piaciuto: non ha scelto il male / diventare un vampiro, ma qualcosa in lei ha risposto. Il Male che viene da fuori trova una corrispondenza dentro di noi, cosicché siamo incomprimibile desiderio di bene e tendenza fatale al male.

“Tutto quello che so è che non sono meglio di te” dice Caroline “e farò quello che farebbe Elena Gilbert e scelgo di credere che tu possa essere salvato”. Queste scene circoscrivono il nucleo morale dello show. “Che razza di persona sarei se abbandonassi qualcuno di voi?” dice Elena. Non è la prima volta che si pone una domanda del genere. So che può sembrare una questione moralistica, soprattutto quella dell'altra volta, quando si domandava che razza di persona sarebbe stata se avesse confessato di tenerci a Damon, ma non è così. Noi ci siamo troppo dentro, noi fan intendo, ma la faccenda è seria. E i vampiri sono metafore ambulanti. Telefilm come i Soprano, Broadwalk Empire e altri girano intorno a queste questioni di moralità relativa, tutti gli show sostanzialmente lo fanno. Sarebbe riduttivo dare la colpa a Elena, misconoscendo il suo ruolo. Lei ama, prima di tutto. Ama Bonnie, ama Caroline, anche dopo che non sono state più solo le sue amiche, ma rispettivamente una strega e una vampira e, una volta avvicinata ai benedetti vampiri, non ha adottato la filosofia dei Gilbert e soci cofondatori: Vampiro=male, che può essere anche intesa diverso=male. Lei ha giudicato col metro allargato dell'affetto, ha guardato oltre e, mediante i vincoli affettivi, tutti lo fanno attorno a lei per cui streghe, vampiri, licantropi/ibridi sono una Scooby gang (nel senso di Buffy) tenuta insieme da legami che possono essere messi in discussione solo se a qualcuno non funziona bene il libero arbitrio, per dipendenze da sangue, per anelli malvagi o per asservimenti da sirizzazione. “Elena Gilbert, salvatrice dei maledetti e dei dannati” Caroline la sfotte, ma anche no, perché lei è il centro pulsante, la colpa anche se volete, di tutto questo.

Potrebbe essere uno dei sottotitoli della serie. La salvatrice. Come si salva? Perdonando. Come si restituisce l'io dell'altro alla vita? Perdonandolo. Il perdono è una cosa seria, che implica la contrizione del proprio male. Senza, non ce n'è, ma se un altro non ti perdona, non ti puoi perdonare da solo (la Storia mi ricorda che il Protestantesimo aveva abolito il perdono amministrato da un essere umano, leggi: sacramento della confessione). A questo la giustizia non arriva. Qualcosa ovviamente si potrebbe ribellare dentro di noi se questo criterio si applicasse fuori dal contesto di Mystic Falls. Perché la giustizia, non quella legata ai cavilli nei tribunali, è una esigenza sacrosanta di ognuno. E allora come si fa? Qui si gira intorno alla virtù del perdono, ma il Perdono e la Giustizia insieme non sono dell'uomo. Di questi tempi poi non sono fuori luogo queste meditazioni... ma torniamo all'episodio. La prova del nove di quanto detto è il colloquio di Finn e Sage mentre quest'ultima gli insegna a bere la tequila: vengono contrapposte la passione e la morale. Lui trasformandola è andato contro la sua morale e lei, maestra di Damon, dice “Le mie passioni sopraffanno la mia morale ogni giorno”. La morale per questi personaggi risulta essere le regole, contrapposte alla passione. La passione, cioè i desideri smodati, la brama, l'arbitrio – caratteristiche esistenziali del vampiro come metafora del nostro es istintuale – contrapposti alle regole sentite come moralismo bacchettone: quello della madre degli originari, Esther, ma anche quello dei fondatori che anima l'alter ego assassino di Alaric. Anche quello è una espressione del male. Quindi? Dicevo che questa è la prova del nove, e in effetti è il sistema di Elena Gilbert che funziona: la speranza che ci si possa salvare e il perdono, qualsiasi delitto si sia compiuto: come dire che l'amore è concepito come una rifondazione della morale. Tante storie per arrivare qui? Perché, non lo sapevamo che l'amore è la fonte della morale? E no! Forse ce l'eravamo persa per strada questa consapevolezza. Se ami qualcuno non gli fai del male. Se giudichi che qualcuno (anche che non conosci) è degno di essere amato al di là di quel che è, ma solo perché c'è, non gli fai del male. Se vedi nell'altro un altro te stesso, SEI morale. Molto semplice.

A meno che la scelta libera non verta per il male: l'uso, il controllo, la manipolazione dell'altro: il potere. Non vi ricorda Klaus? Ora ci arriviamo. Quanto però questo perdono non sia facile è dimostrato da Bonnie. È lei che sostiene il compito di rappresentare la resistenza a questo concetto; lei che esita a salvare Damon, colui che ha ucciso e trasformato sua madre in un vampiro. Poi però telefona, avverte Elena e scoppia in un pianto disperato. Lei forse non piange solo per la sua vicenda personale, ma rappresenta anche il conflitto di queste due diverse concezioni. Le streghe cercano di stare alla larga dai vampiri, per quanto è loro possibile e Bonnie, una volta scoperti i suoi poteri, aveva cercato di fare così. Del tutto inutilmente. Cambiamo scenario: la casa, anzi la residenza di Klaus. Con la presenza di Sage e lei e Finn che si abbracciano c'è lo scambio fra Rebekah e il fratello “Chi l'avrebbe mai detto? Alla fine il vero amore trionfa” “Di tanto in tanto serve a qualcosa” ribatte lui. Cinico il nostro Klaus: l'amore è inutile.

L'aveva teorizzato a Elijah in tempi non sospetti e aveva aggiunto che è la debolezza del vampiro. Ovviamente ne aveva fatto esperienza. Quando Rebekah compiange la morte di Finn trova la freddezza di Klaus “Era un pazzo malato d'amore. Sta meglio da morto”. Lei realizza che i Salvatore possono azzannarsi, ma sono disposti a tutto l'uno per l'altro, mentre Klaus non ne sarebbe capace: ha distrutto la famiglia. Ma quando il nostro ibrido sociopatico pronuncia quella frase non rivediamo forse nella mente la scena di lui che brucia tutti i suoi disegni di Caroline? La pazzia d'amore è il rischio da cui si difende, perché è principalmente la sua debolezza. Ma lo stesso affetto familiare è un rischio: questa patologia border line lo spingeva a portarsi dietro la famiglia dentro le bare ovunque andasse. Odio per chi non l'accettava e desiderio profondo che loro l'amassero. La sua preferita è la povera She Devil, ma la pugnala e la tiene lì per anni per paura che lei intralci i suoi piani o di dover sopportare il suo odio per averla separata da Stefan. L'altalena fra il desiderio di essere amato e la mania di controllo lo rende folle, ma anche vulnerabile. Ed è appunto questo uno dei segreti del suo fascino. Incapace di pentirsi del suo male, soffre però di questa mancanza d'amore e, infine, razionalmente, preferisce sempre il potere, comunque ottenuto.

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