Ecco il mio commento alla 3x08, pubblicato già la prima volta su TVD Italia al tempo dell'uscita della puntata negli USA. Enjoy!
In questo episodio, due scene si intersecano secondo me non a caso: mentre Rebekah racconta a Elena della nascita dei vampiri, definendoli una specie predatrice, vediamo Stefan e Damon che vanno allegramente a predare in un bar. Anzi Stefan beve il sangue di ragazze giocondamente soggiogate, con al centro la mitica Danza di Damon... :-P... ma non ci deconcentriamo e rimaniamo sull'argomento, please!
Non è che la bionda vichinga dica il falso: il sortilegio li ha resi predatori dipendenti dal sangue; afferma Rebekah: “Sangue avremmo bramato sopra ogni cosa. Non potevamo controllarlo”.
Questo è infatti il problema di Stefan. Il ripper non si controlla. Cerca di estorcere al fratello il motivo per cui l'ha liberato dalla cella dove Elena l'aveva confinato: “Pensi che crollerò, così potrai salvarmi da questa vita al limite, vero?” e Damon risponde “A me piace la vita al limite. Il tuo problema è l'incapacità di resistere a oltrepassare il limite. O tutto o niente? Non puoi semplicemente vivere?” e dopo aggiunge “Volevo ricordarti com'era la libertà prima che Klaus te la togliesse”.
Essere vampiri è essere schiavi del proprio desiderio (di sangue). Il contrario dell'essere schiavi è essere liberi. Dunque è una questione di controllo, o di autocontrollo, dato che Damon al momento lo esercita (al bar si limita al whisky) e il fratello no. Ma la libertà è davvero questo?
Damon mostra di procedere con la lezione assorbita nello scorso episodio: “Certe volte faccio cose che non devo davvero fare”. Uno può non farle certe cose: uccidere Mason, uccidere le automobiliste sperdute, squartare le proprie vittime salvo poi ricomporle pietosamente... Damon propone al fratello una specie di equilibrio (semplicemente vivere), vivere da vampiri, quindi dissanguare un po' qualcuno, basta che non gridi e dia fastidio, ma lasciarlo in vita. Quasi quasi ci convincono che non è tanto malvagio questo modus vivendi. Damon vorrebbe che Stefan stesse sul ciglio, come lui. Predatori, ma non troppo, e comunque non schiavi del sangue: liberi.
Ma questo episodio, a mio parere, va un po' oltre e, come nello scorsa puntata Mason, o il suo sempre prestante fantasma, pronuncia la parola Redemption, in questa Damon proclama: Freedom.
Come disse una volta Nanni Moretti: “Le parole sono importanti!”. Che vuol dire essere liberi?
Per Stefan sembra chiaro, quando parla del suo cinquantennio da astemio (poveri scoiattoli) dice: “Crogiolarmi nella disperazione? Annegare nel senso di colpa? Rammaricarmi per la mia esistenza?” Tragica noia. Per lui la condizione di mancanza di emotività che sta vivendo è la libertà da tutto questo. E poi rincara la dose, dopo aver salvato Damon da Mikael, dice “Quando uccideremo Klaus sarò libero. Libero di andarmene”.
Dunque per Stefan libertà è essere libero da legami e da sensi di colpa. Intanto ha salvato Damon. Un'altra volta. Ha fatto una scelta.
Si rinfacciano la propria umanità a vicenda, ma la resa dei conti, il tentativo di fare un consuntivo di quello che è davvero successo, avviene in quel benedetto letto di Elena – in mancanza di altre attività, mannaggia!!
Elena scopre in Rebekah non solo una pericolosa vampira originaria, ma una ragazza che ha perso la madre troppo presto e che, nonostante le vessazioni da parte di Klaus, rimane legata a lui perché, semplicemente, è suo fratello ed è tutto quello che ha. “Ama ciecamente e sconsideratamente anche se questo la distrugge”. Qui si guardano: la cecità e la sconsideratezza nell'amare saranno argomenti da affrontare prima o poi fra questi due. In un senso o nell'altro.
Rebekah piange amaramente per la delusione, ma Elena giustamente giudica: i vampiri sono predatori controllati dal sangue, ma sono sempre anche uomini, guidati dal libero arbitrio. Ed è questa parte di loro che li spinge verso un legame d'affetto. Sei libero quando sei felice e sei felice quando ami.
Ciò che consente a Rebekah di perdonare Klaus per averla segregata in una bara per novant'anni è l'affetto ed è per il sentimento di quell'affetto tradito che piange come una normale ragazza.
Elena dice a Damon “Non c'è niente di più importante del legame con la famiglia” non è arrabbiata perché lui ha liberato Stefan perché sa che sarà lui a salvarlo.
“Non sarà perché ama me, ma per l'affetto che nutre verso di te”. Insomma i legami sono catene o l'unica possibilità per essere felici?
Guardiamo, come sempre, Damon. Lui cambia; perché? Perché si è innamorato di Elena e questo percorso che ha intrapreso lo ha portato a capire anche che il motivo per cui perseguitava il fratello non era che lo odiava, ma perché gli voleva bene. Taaaante puntate per ammetterlo. Dopo le lunghe e impervie strade per imparare a convivere con le sue emozioni strabordanti. Lui ora sembra la soluzione, per quanto riguarda l'equilibrio (almeno per ora), ma non perché riesce a bere sangue senza ammazzare l'ignara donatrice, bensì perché amando trova qualcosa che è più convincente del sangue, che lo fa stare meglio e in pace con se stesso. Che lo fa essere qualcuno accanto al quale, nonostante tutto, ci si può addormentare senza paura. Qualcuno con cui ci si può allenare e giocare. Legami, fatti di confidenza, fiducia. Per questo Elena non si arrabbia.
Libertà è quando sei felice e ami perché ti senti amato, all'interno di legami che definiscono amorosamente chi sei. Quando ti senti così, sei morale, o tendi ad esserlo, naturalmente. Cerchi di non sbagliare perché ami e se sbagli provi dolore, non perché hai contravvenuto a una regola, ma perché hai deluso il tuo amore ed è insopportabile. Questo il motivo per cui Klaus mente ai suoi fratelli.
Anche lui non sa amare, ama male, vuole controllare le persone a cui è legato.
Staremo a vedere se Stefan sarà abbastanza uomo da comprendere che cosa la libertà veramente sia, di tornare a saperlo, dato che Elena, il legame con lei, era la sua libertà. Ci vuole coraggio a essere veramente liberi, cioè ad accettare il legame. E poi, per il nostro amato triangolo, saranno veramente cavoli amari.
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